Quando io e Alessandro abbiamo iniziato il nostro progetto professionale che ha dato vita a Sorsi di Luna, siamo stati accompagnati da "due testimoni silenziosi": il signor Parkinson di mia madre e l'Alzheimer del padre di Alessandro.
Da allora, la nostra vita ha seguito un flusso che ci ha fatto imparare a conciliare le nostre scadenze professionali con l'assistenza, le visite ... la confusione di dover gestire qualcosa che non si controlla né si arresta.
Ciò che mi muove a scrivere questo articolo è portare la mia testimonianza, in un realtà territoriale in cui mi sono spesso sentita persa in una ridicola burocrazia e abbandonata dalle sorde istituzioni. Desidero tuttavia comunicare non quello che non funziona, bensì ciò che mi ha aiutato e mi continua ad aiutare ad alleggerire il carico di stress che piomba addosso alla persona - caregiver - che si prende cura del malato quando arriva la diagnosi.
Nella mia storia, il "destino" è stato molto ironico ... o forse sarcastico. Quando conclusi gli studi universitari laureandomi in Farmacia a Padova, scelsi di portare una tesi bibliografica e gli argomenti che proposi alla Prof che avrebbe seguito la mia tesi furono due: Alzheimer e Parkinson. Allora mia madre non era ammalata. La Prof decretò che "patogenesi e la terapia del morbo di Alzheimer" sarebbe stato il titolo della mia tesi ed io cominciai il mio arduo compito di ricerca, traducendo articoli da riviste scientifiche. "Arduo" perchè allora, nel 2003, davvero si sapeva pochissimo sulla malattia. Nel preparare la mia relazione per la commissione di laurea che mi avrebbe esaminato, la mia difficoltà fu proprio quella di creare un discorso mettendo insieme una serie di dati che forse potevano essere correlati nel spiegare una qualche origine della malattia.
Circa dodici anni dopo arrivò la diagnosi di Parkinson di mia madre e quando lessi il risultato degli esami, ricordo che in un battito di ciglia passarono nella mia mente tutta una serie di immagini su quello che sarebbe successo da lì in avanti. In quel momento maledissi il fatto di conoscere, maledissi il fatto aver studiato farmacia.
La rabbia mi rapì.
In quel momento, per proteggermi, pensavo che il non conoscere nulla sulla malattia avrebbe potuto essere meno doloroso. Il non sapere è un'ottima anestesia.
E poi... un'altra dama che in queste situazioni appare sul palcoscenico delle tue emozioni è la Paura. E la paura ti fa negare o scappare dalla realtà.
Forse le sfide più grandi che ho dovuto affrontare da quel momento sono tate due. La prima fu che dovevo accettare di essere emotivamente coinvolta nella malattia togliendomi il camice e l'impersonalità di un sanitario. La seconda, forse ben più grande della prima, fu quella di non essere più una figlia con una madre, ma una figlia che doveva diventare madre per una madre che sarebbe diventata figlia in termini di progressiva non autosufficienza nel movimento.
La mia grande intuizione fu però quella di non nascondere la realtà, ma di parlarne con degli interlocutori che potessero aiutarmi a trovare strumenti in grado di sostenere me, mia madre e la mia famiglia.
All'epoca, già praticavo yoga ed ero insegnante. Un grande risorsa fu proprio questa. Cominciai a usare lo yoga come una terapia, uno strumento da usare quotidianamente per alleggerire la stanchezza, per bilanciare l'umore, per essere lucida nel prendere decisioni efficaci e non dettate dalle reazioni emotive agli eventi. Più il dolore mi strozzava, più era forte la mia puntualità nel svegliarmi alle prime ore del giorno per cominciare la mia sadhana di yoga. E poi avevo le mie amate piante. Ho iniziato a studiare come l'alimentazione condiziona il nostro stato d'animo e la nostra forma mentis, ciclicamente quando sentivo e sento che la domanda esterna è troppo grande per le mie risorse vitali assumo estratti naturali in forma di tinture madri, fiori di bach, oli essenziali.
In tutto questo ho poi aggiunto la danza che fin da bambina mi dava gioia di vivere, allegria.
Dal mondo del Kundalini Yoga e della Shakti Dance® sono poi arrivata alla Brain Longevity™. Mi sono avvicinata alla Brain Longevity, spinta sempre dalla paura, dalla paura di ammalarmi anch'io, dal momento che molte delle malattie neurodegenerative sono ereditarie. E così durante il covid, mi iscrissi al corso di formazione per imparare a calare la terapia cognitiva nello yoga e trasmettere questo strumento anche ad altri caregiver, diventando Brain Longevity specialist.
Brain Longevity è un marchio registrato dalla Alzheimer’s Reserch and Prevention Foundation di Tucson in Arizona.
- www.ifioridetesta.it ~ associazione di Ospedaletto Euganeo (PD) che si occupa di tutti coloro che non si trovano nella pienezza dei propri mezzi fisici, psichici e sociali. L'associazione è composta da volontari qualificati che organizzano terapia occupazionale e anche terapia cognitiva in alcuni giorni della settimana.
- www.saluseuganea.it ~ associazione di Este che si occupa dell'attività motoria per persone malate di Parkinson
- www.frescoparkinsoninstitute.com, alla sezione academy organizza cicli di webinar gratuiti per familiari e caregiver, nonché corsi specializzati per la gestione multidisciplinare di una patologia complessa quale la M. di Parkinson
- www.alzheimerfamiliari.it ~ Associazione Familiari Malati di Alzheimer Verona. Organizza conferenze, webinar, dà informazioni sulla gestione delle demenze.
- alzheimersprevention.org & arpf.com associazione americana (Arizona) occupata nell'educazione del pubblico e degli operatori sanitari mediante il programma 4 Pillars of Alzheimer's Prevention e la formazione Brain Longevity®.